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  • Antonio Nicita

Due mosse sul PNRR?

Nell’ultimo consiglio dei ministri il presidente Draghi ha sollecitato i ministri ad accelerare sull’agenda del PNRR. È essenziale rispettare la tabella di marcia prevista alla fine di questo primo semestre. Dalla seconda metà dell’anno, infatti, la Commissione europea redige la relazione annuale del primo anno di spesa e di impegni ai sensi del Regolamento UE 2020/2094.

Si tratta di un appuntamento importante in cui diversi paesi beneficiari delle risorse PNRR, specie se in regola con la tabella di marcia, potrebbero porre, congiuntamente, il tema di una necessaria rimodulazione della tempistica circa la data finale - oggi fissata al 31 dicembre 2026 - di completamento dei piani. Il regolamento 2020/2094 fu approvato, infatti, nel dicembre del 2020 e aveva lo scopo di individuare una “risposta eccezionale a circostanze temporanee”, sebbene estreme. Purtroppo, il 2021 è stato anch’esso un anno pandemico. Se l’accesso ai vaccini ha agito positivamente dal lato sanitario, nondimeno il protarsi della pandemia non ha permesso di superare taluni aspetti della crisi economica e organizzativa dal lato delle imprese, del mercato del lavoro e, da ultimo, dal lato dei costi delle materie prime. Appare del tutto ragionevole riallineare la data finale di completamento dei piani nazionali quantomeno al dicembre 2027 e, quindi alla normale programmazione del bilancio 2021-27,

In questo quadro, andrebbe inoltre considerato che i tempi di spesa e attuazione, per ciascun paese beneficiario, non possono essere indipendenti dall’ammontare delle risorse complessive attivate. Per dire, la media di spesa annua di Francia, Germania è circa quattro volte più bassa di quella italiana. Quella spagnola è un terzo. L’Italia non ha solo il record di risorse PNRR in valore assoluto ma anche una delle più alte percentuali in relazione al Pil. C’è un tema di ragionevolezza ed efficacia del cronoprogramma italiano da tenere presente anche, e soprattutto, laddove l’Italia faccia bene i propri compiti. In questa ottica, la data finale di completamento dei progetti andrebbe parametrata ad una realistica capacità di spesa e attuazione agganciata ad una best practice media europea.

A ciò va aggiunto che, dal lato della domanda, alcuni investimenti nei servizi sono attivabili successivamente ad altri (ad esempio la telemedicina richiede il completamento delle infrastrutture a banda ultralarga fissa e mobile). Dal lato dell’offerta, il costo crescente di talune materie prime, gli shortage di alcune figure professionali e lo stock della capacità amministrativa evidenziano l’anelasticità dell’offerta alla dimensione economica delle risorse previste per gli investimenti. È un tema che riguarda tutti gli stati beneficiari ( specialmente quelli che impegnano risorse significative in rapporto al Pil) e che dunque non andrebbe trattato come richiesta unilaterale di rimodulazione da parte di uno stato membro sul proprio piano (ai sensi dell’art.21 del Regolamento) ma come riflessione generale sulla valutazione dell’efficacia dello strumento.

Accanto al tema generale della rimodulazione della tempistica, c’è un altro tipo di rimodulazione che potrebbe essere realizzato senza rinegoziazione con la Commissione e che riguarda invece solo il piano italiano: la rimodulazione territoriale dei progetti la cui area geografica copre tutto il territorio nazionale. Tolti i progetti in cui i destinatari territoriali sub-nazionali sono identificati, data la specifica natura dell’intervento, restano nel PNRR molti progetti messi a bando, i cui destinatari sono i territori che risulteranno vincitori della selezione. Dati i limiti di capacità amministrativa nella partecipazione ai bandi, ulteriormente aggravata dalla contemporaneità stessa dei bandi delle diverse missioni, è molto elevato il rischio che alcuni territori, potenzialmente più bisognosi d’intervento, siano esclusi da taluni interventi. Qui il problema è che la riduzione di diseguaglianze di diversa natura, come anche la spinta all’inclusione sociale, costituiscono uno degli obiettivi fondanti del piano europeo di Recovery & Resilience.

Una strada per uscirne potrebbe essere la rimodulazione territoriale del PNRR nazionale, per quei soli progetti la cui area geografica dovrebbe coprire tutto il territorio nazionale, riparametrando i bandi per quattro aree geografiche macro regionali (ad esempio Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e Isole). Ciò aumenterebbe la probabilità che, trasversalmente, le macro-regioni individuate siano tutte destinatarie delle missioni in misura ponderata e che siano rispettat

i i vincoli relativi a giovani, donne e Sud. Il coordinamento tra enti locali, regioni e governo sarebbe semplificato nel contesto macro-regionale, valorizzando peraltro le esternalità positive a livello locale. Si tratterebbe, ad avviso di chi scrive, di una rimodulazione che non inciderebbe di per sé su quanto complessivamente già negoziato con Bruxelles, dal momento che in ciascuna delle macro-regioni, per quanto in misura diversa, sono presenti i fabbisogni che il PNRR punta a soddisfare.


su IlSole24Ore del 4 febbraio 2022



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