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  • Antonio Nicita

Per le Big Tech il tempo delle regole


Tra gli eventi che hanno segnato il 2020, oltre alla pandemia e alle elezioni americane, c’è stata l’onda critica che da più parti si è levata contro le Big Tech, tra le quali Google, Facebook, Twitter e Amazon, Apple, i cui Ceo sono stati spesso convocati da varie commissioni parlamentari americane. In Europa è stata lanciata la consultazione che porterà, all’incirca entro un anno, all’approvazione di un primo pacchetto, per ora unico al mondo, di una regolazione europea nuova di zecca per le piattaforme online, in genere, ma con specifici indirizzi per le grandi piattaforme globali, denominate come gatekeeper.

Si arriva a questo importante passaggio dopo anni in cui varie istituzioni nel mondo (per l’Italia Agcm, Agcom e Garante Privacy con la loro indagine congiunta sui big data e le linee guida proposte al legislatore) hanno analizzato l’enorme complessità di un fenomeno per il quale all’efficienza dinamica dei modelli di business delle grandi piattaforme online -­ basate sull’intermediazione algoritmica data driven di più versanti dei mercati - si associavano due grandi questioni: (i) una più prettamente economica che ha al centro l’emersione e il rafforzamento (self-enforcing) di un ‘potere economico’ duraturo e stabile, al di là del classico ‘potere di mercato’ misurato su specifici contesti concorrenziali; (ii) una di natura più politico-sociale e culturale che si focalizza sull’intermediazione delle informazioni on-line e sull’esposizione (spesso inconsapevole) degli utenti alla selezione algoritmica dei flussi informativi in entrata e in uscita, generata dalla profilazione dei dati e dell’’impronta digitale’.

Questi due grandi temi sono oggetto di due specifici, e complessi, pacchetti regolatori nella proposta Vestager di un Digital Service Act. Essi si intrecciano, nondimeno, in un’interdipendenza reciproca che trova poi il punto di contatto, specie per alcune piattaforme di ricerca e di discussione online, nella monopolizzazione dei mercati dell’inserzionismo on-line, dal momento che al centro della transazione digitale vi è la ricerca del matching algoritmico efficiente tra prodotto (informativo) e attenzione.

La risposta europea non si focalizza soltanto sul rafforzamento dei poteri dell’azione ex-post dell’antitrust su specifici mercati rilevanti, tema che fino ad oggi ha dominato il dibattito, anche a proposito delle numerose autorizzazioni date alle cosiddette killer merger, e che è oggetto di un’altra parallela iniziativa europea. L’ambizione europea è, infatti, quella di introdurre un nuovo framework regolatorio che, pur nel rispetto della libera iniziativa d’impresa e della libertà d’espressione, intervenga strutturalmente sui nuovi modelli di business, tanto dal lato dei numerosi conflitti di interesse dal lato delle grandi piattaforme, quanto dal lato della trasparenza e dell’empowerment degli utenti a partire dall’uso del dato e della sua profilazione, nonché della gestione dei contenuti informativi.

Si tratta di un percorso che punta a superare i tradizionali interventi settoriali europei e che inevitabilmente porterà con sé anche un ridisegno istituzionale del monitoraggio e del controllo delle transazioni digitali, così pervasive nella nostra vita. Come già avvenuto con il regolamento sulla privacy (Gdpr), l’Europa potrà essere un fondamentale protagonista del capitalismo digitale se riuscirà a realizzare un nuovo standard di diritti e regole, pensato per le imprese e i cittadini in Europa, ma inevitabilmente di respiro mondiale, destinato ad essere replicato anche in spazi economici esterni all’Europa.


Pubblicato su IlSole24Ore 8 novembre 2020

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